Un po' di storia
Brevi cenni sulla Vacca Cabannina - Sandro Sbarbaro
La vacca “Cabannina” è un’alchimia strana, un po’ come la terra che si presume l’abbia generata - avamposto di “giastemme” e fatiche -.
Malgrado il vano affannarsi di alcuni “studiosi” - mondo universitario e non - nel tentare di classificarla, studiarla, inquadrarla, la vacca Cabannina prosegue la sua esistenza stentata fra i pascoli dell’Appennino ligure.
Docile, caracolla infaticabile non curandosi delle “belinate” di questi “strani personaggi” che la soppesano, la guatano, la molestano girandole intorno. Sicuramente non per “amore”. Il prezioso “reperto storico” pare sia un business che, opportunamente sfruttato, procaccia “reddito” e “commesse” presso i vari organi istituzionali.
Gli “azzimati signori” la vacca li sopporta appena, degnandoli di uno sguardo “acquoso” mentre è intenta a brucare su pendii scoscesi, o a “infrattarsi” tra felci e ginestre ai margini del bosco.
La vacca “Cabannina” resta fedele soltanto agli “ultimi Mohicani”.
Ossia i pochi “contadini/allevatori” che ne condividono la sorte, “sopravvivendo all’avanzare del progresso”.
L’allevamento delle vacche è sudore e fatica, puzza di sterco e bestemmie.
Non somiglia affatto a certa “carta patinata” che si tende a proporre ai signori delle città.
L’allevamento è “religione”!
Non si può fare a meno di scordarne i “comandamenti”.
Errando, la “stagione” si rivela infruttuosa e con essa “scema la vita” della famiglia contadina.
Perché, è bene ricordarlo, i pastori/allevatori vivono in simbiosi con le vacche.
La vita delle une è legata a quella degli altri.
Se una vacca sta male, spesso sta male anche il contadino e non solo per via del “reddito”.
Il fatto è che ci si affeziona l’un l’altro. La convivenza appare strana...
Il pastore a volte “sbrocca” con la vacca, che imperterrita si sofferma a mangiar l’erba lungo la strada, o “axilla buttezzando” sul prato, o testarda non risponde ai ripetuti richiami.
Ma alfine, come “coppia d’amanti”, si dimentica tutto e nella stalla si fa la pace.
L’allevatore procura il fieno e la “zutta”, e la vacca dà il latte.
Si fa un gran parlare delle origini di questa razza.
Probabilmente, la “Cabannina” viene citata nella “Relazione Bertani” del 1883. Ovviamente, non facendone il nome che è invenzione tarda
La vacca di razza indigena che alligna nel Circondario di Chiavari, citata nella “Relazione”, è la perfetta descrizione della vacca “Cabannina”.
Occorre partire da quel tempo per avere un documentato riscontro che, nei monti alle spalle di Chiavari stava pascolando una razza decisamente diversa dalle altre citate nella Relazione.
La “Relazione Bertani” riscontra che la vacca è “acclimatata ab antiquo”.
Pertanto, si suppone che sia il risultato di un processo evolutivo durato secoli. Quanti? non sappiamo!
Si potrebbe ipotizzare che fosse presente sul territorio della Val d’Aveto già alla fine del Seicento.
In atti di soccida redatti dal Notaio Nicolò Repetto di Calzagatta si evince che all’epoca, nel comprensorio delle Parrocchie di Priosa e Cabanne in Val d’Aveto, pare esistessero vacche con manto diversificato.
Il Notaio Repetto elenca vacche di pelo rosso, bianco, marna1, e sciorbo2.
Riteniamo che in quell’epoca sia avvenuta l’incubazione della vacca “Cabannina”.
Innanzitutto per ragioni storiche.
Infatti, si ipotizza che prima di quell’epoca in Valle non allignasse una consistente quantità di vacche.
Ciò a causa dei continui “sconvolgimenti politici”, che di riflesso interessarono la Val d’Aveto qual via di transito di eserciti in armi, spesso dediti alle depredazioni e ai saccheggi.
Il metro d’indagine, visto che purtroppo non abbiamo documenti probanti, è affidarci alla caseificazione.
Nei secoli antecedenti e per tutto il Cinquecento in Val d’Aveto si produce “formaggio grasso”, e cioè il derivato del latte di pecora. Le vacche, sebbene in qualche plaga ve ne fossero state, erano pochine. Quelle poche spesso finivano nelle pance dei soldati di ventura. Le poche che si salvarono furono, forse, quelle della Val d’Aveto piacentina. In specie nelle zone di Curletti, Cattaragna e limitrofe, costituite da balze inospitali fuori dalle mire degli eserciti in transito.
Nel Seicento, grazie a mutate condizioni socio-politiche e al fiorire dei commerci, in Val d’Aveto si ebbe un periodo di relativa tranquillità. I nobili, i maggiorenti locali, nonché i notai, i “mercatores”, e talvolta i mugnai, i fabbri e i preti, disponendo di discreti “capitali”, trovarono conveniente stabilire con i contadini del comprensorio “contratti di soccida”, o “socia”. I suddetti fornivano il “capitale”, ossia: vacche, pecore, capre, agnelli ecc, che il contadino doveva “mantenere” e governare per circa cinque anni.
I frutti della “soccida” venivano suddivisi equamente a metà fra il “proprietario” e il contadino affidatario.
Così in Val d’Aveto nacquero le prime “stalle di proprietà”. Il contadino poteva ora permettersi di governare una “sua stalla”, formata con la metà delle bestie nate nei cinque anni del contratto di soccida.
In quell’epoca, presumibilmente, si importarono altre vacche sia dal territorio della Lunigiana che dal territorio di Varzi. Le prime di color bianco, le seconde di color rosso.
La vacca “Cabannina” fu forse il prodotto di questo “accidente” o già esisteva in pochissimi esemplari?
Al momento la “questione” rimane irrisolta.
Ma gli “scienziati”, che tutto sanno, ci vengono a dire che la vacca deriva da un “bos primigenio”. Ohibò!
Sta di fatto che questa vacca, che citando la “Relazione Bertani” non sarebbe stata scalzata da nessun’altra - visto che si era integrata col territorio -, subì vari attacchi da parte del “Capitale”3.
Formulare teorie è pericoloso! E altresì è fonte di “malintesi”. Ma tant’è ne formuleremo una.
Alle “disgrazie” della “Cabannina” contribuirono una serie di fattori indipendenti dalla volontà dei contadini allevatori.
Infatti, gli “scienziati” della “Cattedra Ambulante di Agricoltura di Chiavari”, probabilmente a causa dell’autarchia imperante, intorno agli anni Venti trovarono il modo - con i soliti “studi ad hoc” - di stabilire che in Val d’Aveto la vacca “Cabannina” doveva essere scalzata a favore della razza “Bruno alpina”, perché quest’ultima “produceva più latte”, ecc.
Con una ben programmata campagna all’italiana (battage pubblicitario, notevoli contributi ai contadini, camion a disposizione per il trasporto delle vacche) vennero introdotte sul territorio centinaia di vacche di razza “Bruna”, con relativa mirata “soppressione” delle “Cabannine”.
Sui contadini della Valle il fascino del denaro esercitò un potere miracoloso, dati i tempi di perduranti “difficoltà”. Così la “Cabannina” rimase relegata al ruolo di comprimario.
Si salvarono alcuni capi, in specie nelle parrocchie di Priosa e Cabanne, grazie alla “testardaggine” dei contadini/allevatori, che si rifiutarono di abbattere i loro capi e di introdurre la razza Bruna, che peraltro col tempo s’insediò anche su quei territori, sebbene in limitato numero.
Al paese di Sbarbari chiamavano le “nuove venute” col nomignolo “e soppe”, ossia “le vacche zoppe”. Riferendosi al fatto che non erano adatte, così come le “Cabannine”, ad arrampicarsi sui pendii e a procurarsi il cibo in maniera autonoma, a volte in condizioni “estreme” e a tutto vantaggio della comunità.
La “Cabannina” essendo strutturalmente più leggera, rispetto alle altre razze, aveva il vantaggio di non “franare a valle”. E peraltro, le altre razze non avevano la stessa capacità di adattamento nell’alimentarsi - talvolta brucando foglie dagli alberi -.
In seguito le “Brune”, ibridandosi con tori “Cabannini” e mutando genetica, si adattarono meglio al territorio. Sta di fatto che un “patrimonio genetico” importante fu quasi cancellato dagli “esperimenti dell’uomo”, in nome della “produttività” e a scapito della “sostenibilità”.
Ma si sa!
Le “Università”4, per ragioni di prestigio e con “strampalati studi”, spesso si mettono al servizio del “Capitale” e non del “capitale umano”.
Altri assalti al “fortino delle Cabannine” vennero tentati in varie epoche, in specie si registra quello portato dalla legge n°163 sulla riproduzione animale, del 1965.
Oggidì si tende in qualche modo ad “invertire la rotta”. Ma i pochi marinai, che manovrano le sartie e le vele, san bene che il “nostromo” e il “capitano” stanno facendo “bisboccia” in cambusa.
E solo la loro “abnegazione” eviterà che la nave “si schianti contro gli scogli dell’indifferenza”.
Ma a volte l’abnegazione non basta.
Se i sottoposti - marinai/contadini - non verranno “alimentati adeguatamente” non avranno poi la forza di strappare la “nave” al “naufragio delle belle intenzioni”.
Tutti pàrlan da’ “Cabannin-a”… Ma sùn pochi quelli che ‘a “ninn-a”. Cu’ ‘sta stòia de “Rasse in via d’estinsciun”… I “furbi” gh’e guàgnan… E i “cuntadin”… nu’arrivan a pensciùn”. by Sandro Sbarbaro |
Tutti parlano della “Cabannina”… Ma sono pochi quelli che l’allevano. Con questa storia delle “Razze in via d’estinzione”… I “furbi” ci guadagnano… E i “contadini” … non arrivano alla pensione. by Sandro Sbarbaro |
CABANNINA EVOLUZIONE DEI PROGRAMMI DI SALVAGUARDIA (1995)
1965 È applicata la legge n°163 sulla riproduzione animale.
Viene vietato in tutta la Provincia di Genova l’uso dei riproduttori cabannini.
Tuttavia le numerose riunioni promosse dall’Ispettorato dell’Agricoltura non valgono a convincere gli allevatori, che sfidando la legge mantengono di nascosto i torelli.
Durante questo periodo vengono soppresse le fiere del bestiame che erano molto rinomate.
Alcuni allevatori che provarono le brune, non ne rimasero soddisfatti (piroplasmosi, meno agilità, meno attitudine al pascolo sui terreni acquitrinosi di fondovalle, produzioni non significativamente superiori)
1968 Si costituisce un “Consorzio rurale per il miglioramento della razza Cabannina” che permette
la sopravvivenza della razza ai margini della legge.
1977 Gli allevatori a mezzo del loro sindaco Arturo Cella chiedono al Capo Ispettore della Regione Liguria di riconoscere la razza CABANNINA.
Inizia quindi per interessamento del funzionario Zootecnico G. USAI e dall’APA una serie di contatti con l’AIA che porterà al riconoscimento ufficiale della razza.
1981 (9 APRILE) Si svolge a Rezzoaglio la 1a riunione per la difesa e la salvaguardia della Razza Cabannina.
Partecipano rappresentanti di tutti gli ENTI interessati
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R. L. ( Dr Sondrio, Dr Usai, Dr Ricciardiello)
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C.N.R. (Prof. Rognoni, Prof. Crimella, Dr Carenzi, Dr Pagnaco).
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APA (Dr. Della Tommasina)
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C.M. (Dr C. Cella)
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VETERINARIO (Dr Abate)
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LAUREANDO (Sig. Maimone).5
Dopo un quadro della situazione, statistica, economica e riproduttiva, i tecnici stabiliscono di istituire della regolari stazioni di monta, e di avviare presso l’APA la gestione di un R. A., di procedere allo stoccaggio di seme e di creare una commissione con lo scopo di valutare fonotipicamente le bovine.
La commissione di esperti composta da Funzionario Ispettorato + Funzionario Comunità Montana + Funzionario APA, doveva valutare la purezza fonotipica della razza e attribuire ad ogni soggetto il 100% oppure il 75% oppure il 50% di caratteri di razza.
I soggetti figli di 75% e 100% e di 50% venivano anch’essi valutati.
1982 Programma di interventi finanziari concordato tra APA, Regione Liguria e Comunità Montana
1) Si prevede di istituire stazioni di monta, x le quali si concede un premio di L. 400 - 500.000.
Le stazioni devono avere il torello abilitato ai sensi della legge N°126 del 3 Febbraio 1963.
Sono ufficialmente istituite le seguenti stazioni
Cella Eugenio - PARAZZUOLO Fulle Albino - GARBA
Ferretti Jole - ACERO Cella Mario - MOGLIA
Biggio Giovanni - ACERO Cuneo Silvano - ISOLETTA
Sbarbaro Albi - Villa SBARBARI Biggio Edoardo - PRIOSA
Ferretti G.B. - Villa SALTO Biggio Giuseppe - CARDENOSA
Fulle Franco - CABANNE Repetto Cesare - ACERO
2) Viene previsto un rimborso di £ 16.000 per ogni fac. ai tenutari delle stazione di monta.
Ed è fatto obbligo di coprire le bovine 100% esclusivamente con tori cabannini approvati.
3) È previsto un premio di 20-30.000 [lire] a capo per i soggetti 100% cabannina.
4) Alle bovine che partoriscono la 1a volta, viene concesso un premio di £ 150.000
5) Hanno inizio i CC. FF. e tutti i capi vengono marcati (sia 100% che 50%) Le marche utilizzate sono del tipo a due perni, in plastica rosse, con numerazione dal 35501 in poi (Non c’è né la sigla della Provincia né la razza).
6) Si prevede un esperimento di incrocio con le Jersej.
1986 - L’IDUGA elabora il 1° piano di salvaguardia della razza. Vengono indicati gli accoppiamenti più opportuni per evitare le consanguineità.
Si lavora su 148 soggetti con almeno un genitore noto.
Vengono individuate 15 sottopopolazioni non parenti fra loro. Fra queste solo 5 presentano individui maschi per i quali si stabilisce di realizzare il 1° prelievo del seme.
Vengono così prelevati 8 torelli per un totale di 1850 Dosi
(il 31/12/91 residuano 1474 dosi, Nel 84 ne sono stati distribuiti 80)
1987 - IDUGA elabora i dati in seguito al prelievo di seme.
Vengono individuati 8 gruppi famigliari che devono essere accoppiati con le femmine delle famiglie N+1, i nati da questi accoppiati andranno disposti nelle famiglie del padre.
Ad ogni generazione si sostituirà il maschio con il migliore dei suoi figli.
-LO SCHEMA PROPOSTO NON È MAI STATO UTILIZZATO A CAUSA DELLA TOTALE AVVERSIONE DEGLI ALLEVATORI VERSO LA F. A.-
1989 - L’AIA trasmette le Norme tecniche dello CTC. e nomina 3 esperti di popolazione (Dr Formigoni, Dr Cella e Dr Storace (sostituito nel 1992 dal Dr Risso)
1991 - la Regione Liguria, l’APA e la Comunità Montana istituiscono sulla base della valutazioni morfologiche un R. A. avanzato nel quale sono iscritte le bovine con i seguenti requisiti: PTOT maggiore o minore 75, PMAM maggiore o minore 14 e con ascendenti noti.
1992 - L’AIA organizza (con APA PISA) la 1a copia dell’anagrafica informatizzata della razza cabannina. Vengono inseriti 1173 Record.
- Viene effettuato per conto dell’AIA il 2° prelievo di seme da 6 Torelli presenti per un totale di 1000 dosi (NON SONO MAI STATE UTILIZZATE).
- IDUGA elabora il 2° Piano di gestione genetica della razza. Vengono date le seguenti indicazioni:
Dall’ analisi delle parentele fra i 1162 soggetti in archivio si constata un aumento della consanguineità dal 1988 al 1991 rispettivamente dal 5% al 22%
Tra i tori in riproduzione solo 3 non sono parenti e fra i torelli in allevamento solo uno.
Si chiede all’AIA - APA di individuare le caratteristiche morfologiche e produttive delle madri di tori e l’IDUGA troverà gli accoppianti più indipendenti possibili.
Intanto viene elaborato un tabulato in cui per ogni paternale(?) accoppiante è associato una classe di consanguineità da 1 a 10, con lo scopo di evitare gli accoppianti della classe maggiore 3.
1993 - INCONTRO fra Tecnici APA, CNR, R. L.
Si stabilisce dopo avere aggiornato l’archivio di elaborare i dati in modo da indicare ai tenutari delle stazioni di monta i torelli più idonei per l’area da servire.
Sulle madri di tori viene(?) portar il solo vincolo morfologico di essere dell’avanzato.
1994 Gli allevatori nel direttivo del 5/94 chiedono che sia tenuto maggiormente in considerazione il parametro produzione latte.
- IDUGA elabora per ogni torello il piano degli accoppiamenti, almeno 4 maschi per toro con lo scopo di prelevare un maschio da utilizzare in una prossima batteria.
Le madri di tori sono quelle dell’AVANZATO, queste sono 40 e la strategia di accoppiamenti programmati, ineccepibili tecnicamente, presenta le solite difficoltà di applicazione dovute a:
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È difficile condurre a mano la bovina in calore alla stazione di monta indicata, se non è quella più vicina.
-
Normalmente ogni stazione di monta copre le bovine delle aziende stesse e di quelle vicine se ce ne sono (alcuni … … Recroso, Belpiano, Acero basso, non serviti ricorrono alle F. A. per incrocio industriale).
SITUAZIONI CONTINGENTI
Nel 1994 con l’entrata in vigore del Reg. CEE 2078 viene assegnato ad ogni capo cabannino L. 200.000 circa e decade il sistema di contributi mirati previsti dalla Regione Liguria e Comunità Montana, tra cui un rimborso totale delle Monte naturali ai tenutari delle stazioni.
Gli allevatori pertanto non avevano costi per la Fecondazione delle bovine.
RAZZA CABANNINA
-
N° CAPI E PRODUZIONI
1957 – 1963 Fonte statistiche ispettorato agricoltura = 1. 100 – 1.200 Capi
1965 – 1981 Sparisce la statistica delle razze per effetto della [Legge] 163.
Allevatori Tori Vacche Manze
100% 75% 50% 100% 75% 50% 100% 75% 50%
1981 BORZONASCA 15 1 _ 1 22 10 15 8 _ 6 REZZOAGLIO 173 6 8 1 136 85 128 11 19 68 188 7 8 2 158 95 19 19 19 74
TOT. 396 [Vacche]
CAPI CONTROLLATI KG. % GRASSO % PROTEINE
1986 192 2857 3.43 3.16
1987 204 2952 3.51 3.17
1988 211 2850 3.55 3.17
1989 243 2692 3.55 3.16
1990 262 2729 3.53 3.12
1991 __ __ __ __
1992 261 2768 3.54 3.13
1993 220 2730 3.59 3.13
1994 219 2716 3.58 3.14
1994 I capi presenti totali anche non controllati (circa 4%), le Manzette sono n°263 di cui 20 maschi e 243 femmine.
Gli allevatori sono n°53. Sopra ai 6 mesi ci sono 228 CAPI.
NOTA - Il testo manoscritto CABANNINA EVOLUZIONE DEI PROGRAMMI DI SALVAGUARDIA, elaborato da SANDRO SBARBARO, proviene dall’archivio personale del Dottor MARCELLO VILLA.
1 https://www.treccani.it>enciclopedia, estrapolando: «Le m[arne] contengono spesso anche granuli di quarzo, dolomite, scagliette di mica, glauconite, idrossidi di ferro, bitume, che conferiscono loro colore vario: azzurrastro, giallo, rossastro sino a bruno».
Il che, farebbe pensare che uno dei colori della “marna”, ossia il rossastro sino a bruno, potrebbe essere rapportato al manto della vacca “Cabannina”. Ipotizziamo, altresì, che il colore “sciorbo”, comparandolo coi colori della pianta del sorbo, abbia una qualche attinenza col manto della vacca “Cabannina”. Ma son giusto ipotesi. Non v’è certezza.
2 Archivio di Stato di Genova, Notai Antichi, Notaio Nicolò Repetto, filza 13190, estrapolando:
«N°329 – 1690 9 Junii
In [nomine Domini] – Joannes Cella q. Andrea Orlandi Cabannarum, Sponte fatetur ut quo de anno 1683 sub die 29 7mbris habuisse et recepisse a Paulettino q. Alexandri et Hieronimo q. Andrea ambobus de Cella per tutoribus et filiam et Catharina e Susanna filiam et heredibus q. Hieronimus Cella q. Orlandi ambobus villa Parazoli presenti et heredes dictum q. Hieronimi – vaccas duos ut una pilis marne et altera rubei, et unam … vaccha marna cum duobus vituli- […]».
«n. 422 – 1690 30 7bris die … domi Lazarini Repetti q. Jois - Antonius Repetti q. Simonis de villa Codorsi - fassus est – recepisse a dicto Lazarino presente vaccas tres, una pilei albi, altera sciorba, et altera rubei – cum vitella duos, et unu vitelu – per annos quinque finem de anno 1695 29 7bris - cum pactis, et modis secundu stilum loci – testes Stephanus q. Vincentis et Dominicus filius Bartholamei de Sbarbori.»
Tradotto sui generis:
«n. 422 – 1690 30 settembre giorno … nella casa di Lazzarino Repetti fu Gio: - Antonio Repetti fu Simone di villa Codorso – confessa di aver ricevuto da detto Lazzarino presente tre vacche, una di pelo bianco, una di pelo sciorbo, e un’altra di pelo rosso – con due vitelle, e un vitello – per anni cinque fino al 29 settembre dell’anno 1695 – con patti, e modi secondo lo stile del luogo – testimoni Stefano fu Vincenzo e Domenico figlio di Bartolomeo Sbarboro.»
Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della Classe Agricola - Volume X- Relazione del Commissario Dott. AGOSTINO BERTANI, Deputato al Parlamento, sulla Ottava circoscrizione (Provincie di Porto Maurizio, Genova e Massa-Carrara) Fascicolo II - Province di Porto Maurizio e Genova, Roma 1883, pag. 405-406, estrapolando:
«Circondari di Spezia e di Chiavari - […] nel circondario di Spezia v’è pure un discreto allevamento della razza lunigianese da lavoro, da carne e da latte, che si estende anche al circondario di Chiavari, ove però predomina altra razza indigena, acclimatata ab antiquo, di statura al di sotto della mezzana, ma forte, vigorosa, raramente soggetta ad infermità, parca, da latte e da carne, poco adatta al lavoro e pochissimo usata per esso. Le razze importate difficilmente arriveranno ad avere la prevalenza su tale piccola ma robustissima razza indigena, resistente al massimo grado agli agenti fisici e meteorologici».
4 Non le “Università degli “Uomini” d’antica memoria.
5 Prof. G. Rognoni e Prof. Crimella - Direttore del progetto finalizzato C.N.R. Università degli studi di Milano -; Dr. Carenzi e Dr. Pagnaco - Università degli studi di Milano, C.N.R. -; Dr. G. Sondrio - Regione Liguria, Responsabile dei Servizi Zootecnici - ; Dr. G. Ricciardiello - Regione Liguria, Capo Ispettorato Provinciale Agricoltura -; Dr. G. Usai - Regione Liguria, Reggente Zootecnico Ispettorato Prov. Agricoltura -; Dr. C. Cella - Agronomo della Comunità Montana Val d’Aveto e Sturla, Borzonasca -; Dr. E. Della Tommasina - Direttore Associazione Provinciale Allevatori, Genova -; Dr. C. Abate - Veterinario Condotto del Comune di Rezzoaglio -; Sig. M. Maimone - Laureando in Agraria, Università degli Studi di Milano -.
Sandro Sbarbaro